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D.A.R.T.S.

Le aree tematiche toccate nel progetto What Next

Il progetto What Next: Giovani che raccontano il futuro si distribuisce su 5 macroaree tematiche soprannominate D.A.R.T.S., ovvero:

Ogni gruppo di lavoro aderisce ad una specifica macroarea (o ad una specializzazione di essa); partecipando alla nostra iniziativa potrai decidere quale tematica ti appassiona di più o vorresti approfondire ed alla quale desidereresti portare il tuo contributo:

Analisi Dati e Computing

I segnali dei singoli rivelatori devono essere combinati per estrarre informazioni utili dai dati. Nel corso della storia delle fisica delle alte energie si è passato da guardare fotogrammi ad utilizzare reti neurali.

Per estrarre al massimo le informazioni dai dati, nel corso del tempo sono state introdotte tecniche innovative. I nuovi rivelatori utilizzeranno in maniera estensiva il machine learning, usando ad esempio Boosted Decision Tree (BDT) od Artificial Neural Network (ANN). Queste tecniche vengono utilizzate per cercare le combinazioni di quelle variabili che descrivono meglio gli eventi in condizioni in cui le tecniche tradizionali fallirebbero (e.g. segnale molto piccolo rispetto al fondo oppure segnale e fondo che producono risultati simili nel rivelatore).
Tecniche di analisi innovative non strettamente legate al machine learning sono in sviluppo per migliorare la ricostruzione degli eventi: gli algoritmi di Particle Flow utilizzano le informazioni di ciascun sotto-rivelatore del rivelatore per separare le singole tracce. Questo è particolarmente utile quando le tracce cariche sono tutte molto compatte.

Il computing è già una risorsa cruciale per la fisica degli acceleratori: sia il calcolo distribuito che virtualizzato su cloud sono risorse in utilizzo ad LHC e diventeranno ancora più importanti per la gestione delle risorse nel futuro. Il flusso dei dati delle collisioni deve essere salvato e trasmesso. Già oggi le collaborazioni internazionali raccolgono un flusso sempre maggiore di dati, modificando questi solo a livello software in base alle esigenze delle singole analisi.

Acceleratori e Superconduttività

La nostra capacità di investigare il mondo subatomico dipende dall’energia con cui riusciamo a far scontrare le particelle: più è elevata l’energia, più sono piccole le strutture che possiamo studiare. 

Questo rende gli acceleratori una parte fondamentale della fisica delle particelle.

Per poter accelerare fasci di particelle ad energie sempre maggiori sono necessari magneti sempre più potenti per poter guidare i primi nella giusta direzione.

Il prossimo grande collisionatore circolare si estenderá su una circonferenza di 100 km. Per poter funzionare all’energia desiderata avrà bisogno di diversi stadi di accelerazione. A seconda delle particelle che si faranno circolare (fondamentali – elettroni positroni; composte – protoni) saranno necessari diversi tipi di magneti che avranno necessità tecnologiche diverse, alcune delle quali superano le conosce attuali.

Per questo entra in gioco il tema della superconduttività: questa tecnologia permette di ridurre le perdite di corrente e di realizzare acceleratori che producono impulsi di particelle con caratteristiche di intensità, qualità e struttura temporale altamente innovative.

Esistono anche altri sviluppi nell’ambito degli acceleratori che puntano a ridurre le dimensioni dei collisionatori in futuro. Alcuni si concentrano su nuove tecniche come l’accelerazione al plasma (plasma wakefield) indotta da elettroni o protoni che porterà le particelle del fascio accelerate a “surfare” sulle onde del plasma eccitato. Altri sull’accelerazione di nuove particelle come i muoni: far scontrare i muoni sarà la possibilità di esplorare regioni di energia molto più elevate a parità dell’energia della collisione.

Rivelatori ed Elettronica

Per “vedere” una particella elementare è necessario sfruttare la sua interazione con un mezzo: una particella carica deposita parte della sua energia, ionizzando il materiale. Attraverso differenti meccanismi, un segnale elettrico viene indotto su un anodo, dove l’elettronica di lettura amplifica e trasmette il segnale verso il sistema di acquisizione. Non tutti i rivelatori sono uguali!

I rivelatori rispondono a tre scopi principali: il tracciamento, la misura dell’energia e l’identificazione delle particelle. Anche l’elettronica viene ottimizzata per ogni singola applicazione.

I rivelatori per il tracciamento sono i più vicini al punto di interazione e servono a misurare con precisione il passaggio di particelle cariche. Risoluzioni tipiche sono dell’ordine del centinaio di micron. Particolari rivelatori di tracciamento, detti “di vertice”, compongono gli strati più interni del sistema di tracciamento ed hanno precisioni dell’ordine del micron.

Per misurare l’energia delle particelle vengono usati dei rivelatori, detti calorimetri. Questi rivelatori si dividono a loro volta in due categorie: elettromagnetici e adronici. I primi, normalmente compatti e prodotti con cristalli, servono ad ricostruire l’energia di fotoni ed elettroni. I calorimetri adronici alternano, invece, strati di materiale attivo con strati metallici per raccogliere l’energia di adroni leggeri.

Ricostruiti momento ed energia di una particella carica è possibile completare l’identificazione combinando queste informazioni con quella della velocità. I sistemi che permettono l’identificazione sono di vario tipo: alcuni sfruttano il tempo di volo, tempo tra l’interazione primaria e il momento del passaggio della particella nel rivelatore; altri, utilizzano il principio dell’emissione di luce Cherenkov, luce che viene emessa quando una particella carica attraversa un mezzo con una velocità superiore a quella della luce nel mezzo stesso.

Per il futuro servono rivelatori innovativi: veloci, ad alta granularità, capaci di operare in condizioni di alto rate e di tolleranza a radiazioni elevate. Per la nuova generazione di acceleratori serviranno anche rivelatori che combinano più misure nella stessa struttura: tracciatori con una misura precisa del tempo, calorimetri con eccellenti granularità per contribuire al tracciamento, identificazione combinata direttamente negli elementi, combinando per esempio scintillazione e Cherenkov in un calorimetro a doppia lettura.

L’elettronica di lettura segue uno sviluppo indipendente: disegnata su uno schema specifico per l’applicazione (ASIC: Application Specific Integrated Circuit), le schede si basano su tecnologie sempre più miniaturizzate (fino a 28 nm) per garantire elasticità, velocità e gestione di flussi di dati sempre più elevati. Inoltre, lo sviluppo sta andando nella direzione di produrre elettronica e rivelatore (a stato solido) nello stesso blocco, per ottimizzare spazi e prestazioni.

Fisica Teorica e BMS

Il Modello Standard (MS) delle particelle rappresenta il miglior strumento matematico per descrivere le interazioni del mondo subatomico. Il Bosone di Higgs è stato il tassello mancante che ha completato questa teoria. 

La precisione raggiunta nei calcoli teorici e dalle misure sperimentali mostra come il MS sia estremamente solido. Proprio per questo, è necessario spingere la precisione verso nuove frontiere per comprendere se tutte le caratteristiche del MS sono riprodotte nei dati sperimentali.

Esistono evidenze sperimentali e problemi teorici che urgono l’esigenza di qualcosa oltre lo stato dell’arte. Tuttavia, non esiste una direzione univoca. I modelli basati sulla Supersimmetria, che prevedono che per ogni particella del MS ne esista una supersimmetrica, sono proposti da tempo: LHC ha posto molti limiti sull’esistenza di queste particelle, ma solo la prossima generazione di collisionatori potrà dare una risposta definitiva. 

Discorso analogo vale per alcuni modelli basati sull’ipotesi che il bosone di Higgs sia una particella non-elementare, ma composta da una sottostruttura, in maniera analoga al protone negli anni 60. Queste ricerche sono la motivazione principale per la costruzione di nuovi acceleratori capaci di accedere a regioni di energia mai raggiunte prima.

Nonostante la nostra crescente conoscenza del mondo grazie agli sviluppi teorici e sperimentali, la natura della materia oscura rimane ancora inaccessibile.

Le WIMPs (weakly interacting massive particle – particelle massive interagenti debolmente) sono state negli ultimi anni i candidati per la materia oscura “fredda”: massive e con accoppiamenti simili a quelli dell’interazione debole. Alternativamente, agli acceleratori si è cercata l’esistenza del “fotone oscuro”, un bosone mediatore di una nuova interazione, che accoppiandosi con il fotone ordinario, potrebbe essere rivelato. Questo nuovo fotone potrebbe accoppiarsi anche con particelle tipo WIMP per dar vita ad un possibile settore “oscuro”.

Recentemente una nuova classe di particelle, dette Feebly interacting Long Lived Particles (particelle flebilmente interagenti a lunga vita), è diventata di estremo interesse: queste, prodotte nel centro della collisione, percorrerebbero una buona parte dello spettrometro, prima di decadere in particelle ordinarie. La loro possibile esistenza è motivata da ricerche di materia oscura, dell’oscillazione dei neutrini e dell’asimmetria tra materia e antimateria.

Impatto Sociale ed Ambientale

“A cosa serve?”: la domanda che risuona quando si parla di fisica di base. E se la risposta di prima battuta è “a niente”, è perché le ricadute tecnologie e societarie di alcuni progressi scientifici sono di difficile intuizione al momento della loro prima realizzazione. 

Ma la storia della scienza, e quella della fisica, è ricca di scoperte accidentali: tra tutte, la penicillina e i raggi X.

Proprio questi ultimi rappresentano il punto di partenza per raccontare una storia di destini incrociati tra ricerca di base e bene pubblico: piccole macchine acceleratrici hanno aperto l’accesso ad un potente strumento diagnostico. La PET (Positron Emission Tomography) è una tecnica diagnostica che si basa sulla ricostruzione di due fotoni, prodotti dall’annichilazione di un positrone del radioisotopo iniettato nel nostro corpo con un elettrone dei nostri atomi. Ultimo sviluppo in questo campo è l’adroterapia, che sfrutta la capacità di gestire i fasci di protoni per colpire con precisione le zone tumorali, limitando il danno biologico sui tessuti sani rispetto ad altre tecniche radioterapiche. L’INFN è leader mondiale con il CNAO (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica) a Pavia, centro specializzato per questo tipo di trattamenti, e con il progetto CATANA (Centro di AdroTerapia ed Applicazioni Nucleari Avanzate) ai Laboratori Nazionali del Sud a Catania, uno dei centri dove è possibile curare il tumore nella regione oculare con fasci di particelle.

Quando si parla di società contemporanea, inoltre, non si può non parlare del World Wide Web, che è nato al CERN per facilitare la comunicazione tra gli scienziati ed aumentare il flusso delle informazioni.
I nuovi progetti rappresentano anche una sfida civile e ambientale: si deve tenere conto dell’impatto sul paesaggio circostante, dell’energia necessaria per tenerli funzionanti, e dell’utilizzo di materiali sicuri per l’ambiente. In questa direzione, i principali enti di ricerca scoraggiano l’uso di materiali, come i clorofluorocarburi, che impattano negativamente sull’ambiente.

Oltre alle importanti ricadute tecnologiche, la ricerca di base risponde a domande più profonde. Rappresenta lo slancio dell’uomo verso la conoscenza, la ricerca del nuovo, la curiosità che ci rende liberi.

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